AsiCubaUmbria.- Nell’incontro del 2008 abbiamo posto l’accento sull’”Impronta ecologica” di Cuba, unico Paese tra quelli a standard di vita “evoluto” ad avere una “impronta” compatibile con l’ambiente.

Oggi sentiamo come esigenza di sostegno internazionalista quella di portare la nostra esperienza di cittadini europei sul tema dello sviluppo in rapporto all’ambiente e alla qualità della vita, e quella di riflettere su come Cuba possa mantenere questo primato e fornire un modello agli altri popoli. Porremo l’accento sulla contraddizione tra sviluppo capitalistico ottenuto attraverso i consumi da un lato e progresso umano e sostenibilità ambientale dall’altro.


Tralasceremo quindi, in questa sede, di parlare di Ecologia nel senso di disciplina per l’ambiente naturale e ci concentreremo piuttosto sulla “Ecologia della mente” come disciplina per ripulirci dai falsi bisogni e dalle scorie culturali sedimentate da uno stile di vita sempre più consumistico (cui neanche Cuba è immune) e sulla “Ecologia della politica” come disciplina che promuova una vita sociale capace di garantire a ciascuno un futuro da cittadino consapevole e responsabile e non solo da produttore e consumatore.

Su questa strada bisogna lavorare, con un grande sforzo di partecipazione e coerenza, per respingere insieme il tentativo di distruggere la Rivoluzione cubana attraverso la seduzione del consumismo.

Cominciamo con il dire che il mondo neoliberista che ci viene veicolato dai mass-media e dalla pubblicità, apparentemente all’apice del successo, è in realtà al suo crepuscolo.

La crisi epocale in cui ci troviamo dimostra come il “sogno americano” non sia che un incubo per tutta l’umanità e come le classi dirigenti del mondo cosiddetto evoluto, responsabili di tanto disastro economico ed ambientale nonché di tante ingiustizie e conflitti, siano lontane dall’assumere un atteggiamento di autocritica radicale: ora negano l’evidenza, ora persistono nell’errore accontentandosi di attendere che passi la crisi per continuare ad operare come sempre, di speculazione in speculazione, con perfetto egoismo e massima avidità, nel disprezzo assoluto per l’uomo e la natura.

Sì perché i reiterati fallimenti delle conferenze sul clima e la crisi finanziaria mondiale sono due facce della stessa medaglia: il fallimento del modello neoliberista di governo del mondo.

In particolare questo nuovo atteggiamento che vorrebbe rinnovare tutto senza cambiare niente, oltre che criminale è anche stupido perché, come ampiamente dimostrato, il concetto di “sviluppo sostenibile” è un ossimoro, una contraddizione in termini. Lo sviluppo inteso in termini capitalistici, ovvero di incremento annuo percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL), è incompatibile con la sostenibilità ambientale in un mondo dalle risorse finite.

Non solo, ma in omaggio al principio ispiratore del neoliberismo, l’egoismo, trasferisce consapevolmente alle future generazioni, ai deboli del mondo e a tutte le altre forme viventi, l’onere dei disastri diretti e indiretti, presenti e futuri che è capace di generare.

Esemplare a questo proposito il pensiero di Lawrence Summers, premiato come miglior economista americano: per l’eminente esperto della Banca Mondiale è auspicabile lo spostamento delle industrie che inquinano verso i Paesi meno sviluppati. “Ho sempre pensato –afferma- che i Paesi sotto-popolati dell’Africa sono largamente sotto-inquinati: la qualità dell’aria è di un livello inutilmente elevato rispetto a Los Angeles… ci si preoccupa ovviamente molto di più di un fattore che aumenta in modo infinitesimale i rischi di cancro alla prostata in un Paese dove la gente vive abbastanza a lungo per ammalarsene rispetto ad un altro Paese dove 200 bambini su 1000 muoiono prima dei 5 anni”.

Ovviamente questa classe dirigente, per sua intrinseca incapacità ideologica, non sa cogliere l’unico aspetto positivo della crisi e cioè l’occasione storica di innescare il processo virtuoso della “Decrescita”, che nei paesi più “sviluppati” (secondo la nota teoria del prof. Serge Latouche) è l’unica strada per recuperare, insieme al soddisfacimento delle fondamentali e reali esigenze di vita, il perduto senso del limite e di dignità umana.

Per sopravvivere o andare avanti è urgente organizzare la decrescita. Quando si è a Camaguey e si deve prendere il treno per L’Avana e si sale per errore su quello per Santiago,non è sufficiente frenare e neanche fermarsi, bisogna scendere e prendere un altro treno nella direzione opposta. Per salvare il pianeta e il futuro dei nostri figli non bisogna soltanto moderare le tendenze attuali, bisogna decisamente uscire dallo sviluppo e dall’economicismo, così come dall’agricoltura produttivista, che ne è parte integrante.

D'altronde non c’è alternativa, il capitalismo non è emendabile, va solo superato per dare spazio ad una civiltà nuova: che ponga al centro della vita umana significati diversi dalla produzione e dal consumo, che possa proporre obiettivi riconoscibili da tutti noi come ciò per cui vale la pena di vivere. Noi dovremmo volere una società in cui i valori economici cessino di essere centrali, dove l’economia venga rimessa al posto giusto, come semplice mezzo della vita umana e non fine ultimo.

Tutto ciò non è solo necessario per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale che definisce l’umanità contemporanea.

La Decrescita è una strada incruenta, ma non indolore. E’ certo che questa strada sarà riconosciuta e accettata con lo stesso spirito con cui un drogato si trova a decidere tra il continuare sulla via dell’abbrutimento e dell’autodistruzione o intraprendere il difficile percorso di disintossicazione: nel nostro caso una vera rivoluzione culturale, prima che economica e sociale.

Quell’ “altro mondo possibile e necessario” di cui in molti parlano implica l’uscita dall’economia e dall’economicismo: il nostro mondo attuale è ammalato di economia, occorre decolonizzare il nostro immaginario perchè l’economico si reincastri concretamente nel sociale.

Questa colonizzazione noi la viviamo quotidianamente. Nel Mercato si privatizza tutto, dalla sanità alla scuola, dalla sicurezza all’acqua, si compra e si vende tutto, anche la libertà e la speranza della gente, si richiede sempre più spesso anche l’anima per un obiettivo commerciale, oltre alla prestazione lavorativa, il successo personale deve essere raggiunto ad ogni costo e con qualunque mezzo, si è disposti a vendere anche il corpo per un nuovo modello di scarpe, si è costretti a vendere anche un organo per sopravvivere alla miseria.

Il risultato è un mondo disumano, alienato, invivibile. Ed è così che il miraggio della felicità attraverso l’avere e non attraverso l’essere viene pagato dalle persone: con il senso di fallimento, la solitudine, la sofferenza, l’ingiustizia….

Ne siamo testimoni: soprattutto noi che veniamo da nazioni cosiddette sviluppate, dove il disagio può essere letto anche dalle statistiche (italiane): droga e alcolismo in aumento soprattutto tra i giovani, bande violente di adolescenti e perfino bambini, nascita di violente bande giovanili, suicidi anche tra i giovani ed i lavoratori (20 fra i disoccupati nei primi due mesi dell’anno), anoressia e depressione, divorzi in aumento, matrimoni sempre più procrastinati ed in crisi, natalità in forte calo, violenza sulle donne ed i minori in aumento (ogni 2 gg un assassinio in famiglia), disoccupazione ed emarginazione sociale in aumento, analfabetismo di ritorno (11% analfabeti totali, 40% incapaci d’intendere frasi molto semplici, 20% legge e intende solo frasi semplici), crescente ignoranza e incapacità di distinguere tra il reale e il virtuale tra i giovani, crescente solitudine e alienazione per l’utilizzo di strumenti informatici soprattutto tra i giovani fino a configurare nuove sindromi patologiche……Un bilancio umanamente disastroso.

Prevenire è meglio che curare, sempre. Per questo se nel nostro mondo, “drogato” dall’illusione del benessere materiale, la medicina per riequilibrare il corpo sociale dagli squilibri delle ingiustizie e dalla devastante impronta ecologica si chiama Decrescita, in un Paese come Cuba, che ha voluto e vuole mantenere la pratica di valori profondamente umani, la strada è quella dello sviluppo della Rivoluzione.

E dentro la Rivoluzione non ci può essere spazio per una presunta libertà che nella realtà è solo libero arbitrio di chi più ha e di una presunta felicità che è solo egoistica consumazione di risorse.

Comunque l’uscita dal sottosviluppo è un processo storico necessario per ogni popolo, anche a Cuba.

Ma quale sviluppo e con quali risorse?

Sappiamo che l’intreccio tra l’Energia in tutte le sue manifestazioni e lo Sviluppo sociale è profondo e centrale per le sorti della Democrazia. Società ed Energia non possono percorrere vie separate, ma devono convergere verso una meta comune, la via comune di questa coppia società-energia sarà un cammino di democrazia e solidarietà globale, attento agli insegnamenti della natura, in particolare del sole, fonte primaria di energia, che è anche un modello di equità, condivisione, compartecipazione, altruismo.

E’ su questa via, suggerita dal sole, che l’uomo può sviluppare una nuova cultura che permetta di affrontare in forma responsabile e rispettosa della natura, il problema energetico ed un reale sviluppo per una società più umana.

Abbiamo fatto nostre le riflessioni di un grande e stimato amico di Cuba, l’Ing. Enrico Turrini, che ci viene in soccorso, attraverso i suoi studi e il suo pensiero, nel delineare quella che lui ha chiamato “la via del sole”, lungo la quale tutti possono e devono assumere un ruolo attivo.

Questa è la via che intravvediamo perché Cuba mantenga il suo primato e per questo invitiamo tutti a meditare ed implementare il “cammino del sole”.

“Impegnarsi nella via del sole significa l’abbandono di una vita sterile, riversata su se stessi e la scelta di una vita di amore verso gli altri” questo scriveva l’ing. Turrini in un suo libro “Energia e Democrazia” che ci sembra assolutamente attuale e vincente in questo periodo di crisi.

La “via del sole”-dice- non è solo una scelta sostenibile, distribuita, condivisa per la gestione delle risorse energetiche rinnovabili, ma è anche un modello di vita democratica e felice, apportatrice di gioia e fiducia nel futuro, perché attinge agli stessi valori di solidarietà, condivisione, compartecipazione e altruismo che hanno fatto grande Cuba.

Va da sé che le risorse per questo ambizioso progetto non possono che essere il Popolo cubano e il suo Spirito rivoluzionario.

L’impegno è grande, rasenta l’utopia e questo ci sgomenta perché siamo consapevoli che, così come le risorse naturali, anche le energie mentali e le risorse spirituali possono scarseggiare, ma sappiamo che ogni progetto ambizioso per l’umanità è una sfida irrinunciabile, su cui merita impegnarsi.

“ Perfino il sole che ci illumina ha le sue macchie; gli ingrati vedono solo quelle, i generosi apprezzano la sua luce” così scriveva il nostro amato José Martí.

Così come nel Sole anche a Cuba ci sono macchie, e problemi, e non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti né si raggiungeranno rapidamente.

Ma da Cuba, laboratorio di liberazione e sviluppo umano, ci aspettiamo che sia capace di offrire a tutti i popoli un modello, anche imperfetto, di progresso umano, ricorrendo, soprattutto nei momenti più critici, alle risorse del suo popolo, della sua storia e della sua Rivoluzione che non finisce mai.

In questo sforzo Cuba potrà contare sulla solidarietà di tutti i suoi sinceri amici. Noi comunque l’appoggeremo, per amore della qualità nella vita… e perché Cuba se lo merita!

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